Nuvole nere

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di Ilarione Loi

Nuvole nere 

“Ma cos’è che non va quindi?” 

Stava ancora ridendo e cercava a tastoni con la mano destra il più velocemente possibile dei tovagliolini dal bancone, guardava l’uomo che le aveva rivolto la domanda, sì lo guardava ma senza farci caso più di tanto, con la destra cercava i tovagliolini e con la mano sinistra provava a nascondere le labbra, simulava imbarazzo per le sue risa sguaiate, simulava imbarazzo per i pezzettini di patatine semi-masticati che non aveva trattenuto in bocca, simulava sì, ma quale imbarazzo? Si divertiva lei. 

Anche Ravi da dietro il bancone guardava l’uomo in cravatta, attirato dalla domanda alla ragazza, uno sguardo severo, di biasimo, quel ma cos’è che non va quindi palesava tutto il disprezzo dell’uomo verso la giovane ragazza e con la mano Ravi avvicinava il portatovaglioli alla mano di lei, sentiva un senso di protezione, rivolgeva occhi a lui e mani a lei, occhi d’odio e mani di gentilezza. 

“Perché non provi a inzuppargliene una?” gli rispose lei, beh non che rispose, in effetti no, certo non si risponde a domanda con domanda e per giunta cambiando argomento, intanto il tovagliolo portole dal barista, gentilezza di cui nemmeno si rese conto, si sporcava ora di briciole e rossetto nero, la mano che prima nascondeva le labbra spinge ora il piattino con patatine fritte, avvicinandolo all’uomo in cravatta alla sua sinistra. 

“Nel tè? Secondo te, anzi guardi le do del lei, secondo lei dovrei inzuppare le sue unte patatine fritte nel mio tè al gelsomino? Guardi, non crede di essersi già messa fin troppo in ridicolo prima, signorina?” 

“Ti ho detto che mi chiamo Wendy, assaggia” insisteva radiosa lei. 

Ravi, guardava, avrebbe voluto intromettersi, dire alla ragazza di smetterla, aveva scelto la persona più sbagliata con cui mostrarsi simpatica, ma che poteva fare? Non certo rimproverare l’uomo, era stata lei a puntarlo, era stata lei a volersi sedere nello sgabello accanto a lui e cercare di ridere, scherzare e distrarsi, farlo ridere, scherzare e distrarlo, tutto lecito ma solo se lo si fa con chi in quel momento mostra di gradire. 

Come poteva, Ravi, rimproverare quell’uomo? Wendy, Chantal, Melissa, quella ragazzina si presentava ai suoi clienti sempre con nomi diversi, e l’età? A volte dichiarava vent’anni, altre diciannove, una addirittura ventisei, secondo Ravi ne aveva appena diciassette. Come poteva Ravi costringere l’uomo a mostrarsi gentile con la sua cliente abituale, non era certo una bambina da assecondare continuamente, e se anche fosse stata una bambina, coccolarla spettava ad altri, ai genitori ad esempio, non a un tale rintanatosi al bar in un freddo pomeriggio di dicembre a rilassarsi con un tè al gelsomino. 

Preferì farsi da parte Ravi, non si intromise,  in fondo a dirla tutta l’atteggiamento del tale lo confortava, nei primi tempi, quando la ragazza prese a frequentare il suo bar, Ravi temeva che qualcuno potesse approfittare di lei, confondere i suoi approcci socievoli come inviti di seduzione, in effetti bisogna anche dire che l’equivoco sembrava addirittura lecito, così la pensava inizialmente il barista, ma, per quanto predatrice, Ravi non avrebbe permesso a dei porci assetati di sesso di invitare la giovane altrove o, peggio, scambiarsi numeri di telefono, non l’avrebbe permesso, non dentro il suo bar, questo è un bar serio, pensava tra sé, non un club di pedofilia, non l’ufficio di una escort, lo pensava, lo pensava eccome. La prima volta che uno di questi uomini stava iniziando a mostrare attrazione erotica, seduzione fisica come accarezzandole una mano, Ravi stava per intervenire, intromettersi e cacciare dal bar quella cascamorto ma poi si accorse con sollievo che non fu necessario, non lo era: lei si tirava indietro da sé e lasciava il bancone quando la situazione precipitava, “grazie della chiacchierata, sei simpatico, buona continuazione” diceva all’uomo in quei casi e poi rivolgendosi a Ravi “mi può portare gentilmente una coca cola e altre patatine a un tavolo? mi sposto di là”, quella frase divenne, pur senza dirselo mai apertamente, un messaggio in codice tra la ragazza e il barista protettivo, quando successe la prima volta Ravi era pieno di gioia, quella volta decise addirittura di offrirgliela lui la coca cola. 

Solo il pomeriggio del giorno di santo Stefano, il bar era vuoto e Modesta, la ragazza, e Ravi si ritrovarono a parlare insieme e condividersi un panettone, “che posso dirti? Mi piace strappare sorrisi ai più musoni, li riconosci quando entrano, sono avvolti da una nuvola nera” le confessò la giovane, anche stavolta il barista le sorrise, ma ad oggi continua a non credere che Modesta fosse il suo vero nome, ad oggi continua a credere, o preferisce farlo, che la ragazza non fosse un essere umano, ma una fata giunta al suo bar a portare sorrisi ai suoi clienti e anche a lui, una fata golosa di patatine fritte, coca cola e a quanto pare anche di panettone, a Ravi non piacciono i canditi, Modesta mangiò quel giorno anche i suoi, ingozzandosi e sporcandosi di briciole, Ravi inizialmente pensò di allungarle un tovagliolo ma cambiò idea, le avvicinò un’altra fetta e una coca “perché non provi a inzupparla?”, risero tanto, poi entrò un cliente, era vestito elegante e per la prima volta la vide anche Ravi, la nuvola nera. 

Fu l’ultima volta che si videro quella, mi spiegò Ravi, oggi è di nuovo il 26 dicembre, c’eravamo solo noi due al suo bar, io e lui separati dal suo bancone, parlammo tanto, mi raccontò di Modesta, delle nuvole nere, eravamo separati dal bancone ma uniti da chiacchiere, da risa e soprattutto da tanta sincerità come mi disse lui, “è la prima volta che dico il mio nome a un cliente, la prima volta che me lo si chieda, mi chiamo Ravi” mi disse lui, rispondeva a una mia domanda sorridendo e passandomi un’altra fetta di pandoro, non li prende più i panettoni ormai, non gli piacciono i canditi, “sai Chiara, l’unica dei miei clienti a mai presentarsi fu Modesta ma, come ti dicevo, dubito fosse il suo vero nome”. 

Risi, “con me puoi stare tranquillo Ravi, mi chiamo Chiara davvero” gli dissi tra un morso di pandoro e un sorso di coca, “a volte scherzando mio fratello mi chiama Poponica per il mio essere eccentrica e questo modo di truccarmi e vestirmi troppo giovanile visti i miei anni, Poponica, sai come la vecchia signora imbellettata di Pirandello, ma mi chiamo Chiara”. 

Era piacevole parlare con lui e mangiare pandoro in compagnia, sembra che il pomeriggio di Santo Stefano sia un momento che mette tristezza a tanti, Ravi non faceva eccezione. 

In quel momento entrò un cliente, sentivo i passi alle mie spalle, “dì un po’, ce l’ha, la nuvola nera?” domandai scherzosa sottovoce al barista, lui gettò uno sguardo nella sua direzione e mi disse di no, mi girai a guardarlo, un uomo elegante procedeva spedito verso noi sorrideva ma era avvolto in una nuvola nera, io la vidi.  


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