Miriam, ammore mio

Posted by:

|

On:

|

di Alessia Piemonte

Napoli, 23 dicembre 2022 

Era l’antivigilia di Natale, e le neve scendeva in placidi fiocchi, coprendo le strade del centro, come tanti morbidi cuscini sparsi, lanciati dal leggero vento che baciava le guance arroventate. Guardando dalla finestra, dal mio appartamento sito nella zona Posillipo, che era diventata una bianca e morbida cornice, affondo lentamente e con un certo riserbo, gli occhi nel silenzioso ma tracimante mare, con le sue onde screziature rosa e verde: colori tiepidi che rifulgevano dal sole soffocato dalle bianche e spumose nuvole. Con la tazza di caffè calda che stringo tra le mani, alzo lo sguardo apatico verso l’orologio: le ore 14. Prima che cala il buio, ho giusto il tempo di fare un giro in centro, e dirigermi a San Biagio dei Librai, la via dei presepi, nonostante il gelo avesse azzannato le mie ossa e la gola mi pizzicava come se avessi ingoiato scintille di fuoco.  Avevo anche voglia di una sfogliatella riccia. Volevo sentire di nuovo quel strano ma inebriante rimescolio nel mio cuore indurito dalle disgrazie e solitudini, che mi avevano annichilito in questo anno, vissuto a fatica, annaspando quella gioia effimera, ma che sentivo scivolare tra le mie dita come uno sbuffo di fumo.  

« Hai bisogno di leggerezza, Miriam. Rinfrescarti il cervello. Devi staccare dal passato, che sono foglie secche. Ritornare a vivere per accogliere il nuovo, cominciando da ciò che è semplice. » Aveva detto, una mia carissima amica. Non potevo dissentire, perché avevo anche la smania, di vedere la mia immagine riflessa allo specchio di un viso schiarito da un’inattesa felicità. Così, dopo aver bevuto il mio caffè, indossai il cappotto, la sciarpa, il cappello e i guanti ed ero partita da casa. Dopo qualche metro, salutando qualche passante ero arrivata nel quartiere Spaccanapoli. 

Il mercatino aperto tutto l’anno dei San Biagio dei Librai, era distribuito in una lunga strada stretta, affollata di una centinaia di negozi, esponendo statuette di ogni tipo, dai tradizionali personaggi del presepe a quelli moderni. Le casette di legno, le luci, le decorazioni, i sapori, gli odori, perfino gli strepiti che camuffavano con il loro audace e baldanzoso timbro le canzoni natalizie di Dean Martin e Bing Crosby che oscillavano come nastri intarsiati dagli stereo, mi trasportarono nell’immediato alla mia infanzia, sciorinando quei ricordi al torpore del sole sul mio viso, come se fosse un segno di letizia e festa. Se mio padre, non allestiva i basamenti del presepe con la sua abilità e determinazione, ero triste. Come se fosse di cattivo augurio. Adoravo mentre osservavo curiosa la città prendere vita dalle sue mani virtuose, inalare l’odore del sughero, vernice, colla e carta: un miscuglio che senza scorciatoie si adagiava nelle pareti dell’anima. Una gioia percorreva alacre nel mio cuore, soprattutto quando m’immergevo come una debuttante attrice del teatro neorealista, in qual palcoscenico artigianale per giocare e inventare storie, usando con estrema delicatezza, premura, amore, e anche con un pizzico di paura, la mia creatività in fase embrionale, ma che scorreva veloce come una corrente elettrica. Se chiudessi per un attimo gli occhi, fermandomi davanti a una vetrina di pastori risalenti al periodo borbonico, mi sembra di percepire la magia di quella cultura, come il suono dei zampognari che avvampano le orecchie e accompagna la commedia “Natale in Casa Cupiello”, di Eduardo de Filippo, aprendo così il sipario dei ricordi per collezionare altri attimi irrepetibili e impagabili, vagando distratta nei dedali del presepe. Ma adesso, mio padre è una parabola discendente, anche se rispetta rigorosamente la tradizione, con un presepe modesto, non tralasciando il suo estro, seppur sostenuto. 

Il mio stomaco languiva nel mangiare una sfogliatella, ma prima mi fermai in una bancarella, dove vendevano libri usati. Venni subito attratta da un libro di poesie d’amore, dal dorso rovinato, la cuffia indurita e i capitelli disfatti. Nel piatto interiore, dal colore giallo incartapecorito, sovrastava il titolo scolorito “S’agapò”, di Pasquale Boccanfuso.  Ha il suo stesso nome… Sentì quel soffio di vita nel cuore, quando lo incontrai per la prima volta.  

« E’ un libro che risale agli anni 70. Di questo scrittore, non si hanno più notizie. Le poesie, sono l’unica testimonianza della sua esistenza. Io ho trovato questo libro nella biblioteca di mio nonno, sommerso da tutte le sue anticaglie. L’ho letto e, signorina, glielo consiglio! » mi invogliò l’ambulante con un sorriso complice e serafico. Inghiottendo l’imbarazzo, lo acquistai e ringraziai il venditore,  e andai con il libro stretto al braccio come se fosse un oggetto prezioso, al bar “Nanninella”, per godermi la lettura di questa raccolta in quella surreale atmosfera. Seduta al tavolo, con la sfogliatella riccia, affogata nello zucchero a velo, accompagnata da un altro caffè, sfogliai le pagine e cadde un foglio piegato in due. La dispiegai con timore, come se stessi profanando i segreti dissepolti. Il contenuto, era piuttosto prolisso, ma entrai in punta di piedi, in quella calligrafia, un po’ vacillante, rotonda ma decisa, con alcune tacche marcate. 

Napoli, 24 dicembre 1978 

Miriam, ammore mio. 

Tu, con quella sensibile luce dei tuoi occhi, da sembrare un’utopia, hai colmato i miei vuoti. Avevi bisogno di me, di una persona scalcinata, impantanata dalle sue beghe, e molto scurrile, ma che ti dava la spinta per vivere, e non come quei contenziosi damerini che frequentavi nei salotti blasè, con le camicie di pregiato taglio sartoriale, ma …non si accorgevano dei tuoi mutamenti.  
Mi illividiva, quando con quello sguardo smaliziato, venato di derisione, ti chiedevano con scarso interesse, cosa fosse successo.  
Quante volte ho asciugato le tue lacrime che avvampavano i tuoi occhi, perché quei puritani chiusi nella loro falsa morigeratezza,  
ti avevano condannato alla forca, per invidia, ignoranza e disprezzo. Tu, volevi esordire come attrice di teatro, ma ti avevano tarpato le ali per la tua fuga da quella realtà che ti dilaniava come un morso di una bestia inferocita. Eravamo empatici, io e te.  

Lo sai… quante persone, come se fosse un’inchiesta, volevano introdursi nella mia vita da ritrattista e del mio amore per te, ed io dovevo preparami al torchio, con quelle domande che mi assalivano come corvi. Soprattutto quando, tra il serio e il faceto, mi dicevano: 

« Pascà, ma chi t’ho fa fa? Tu stai nguiat’. Si, na capa con l’arteteca, pecchè tene a uerra. ». 

Lo so, sono un cavallo selvaggio, pieno di debiti insolventi, per un colpa di un inganno, e non sono uno che tace innanzi alle ingiustizie, però… sono già stato tacciato dalla legge, che mi ha fatto assaggiare il gusto metallico delle sbarre. Tutti, sono talmente accaniti nelle loro scempiaggini, come se volessero spolpare l’anima, compromettendo così la mia vita con uno scandalo facile per scuotere le persone dalla mediocrità.  

E tu, ammò, sei stata in grado di mitigare la tempesta, prendendomi per mano, portandomi via da questo mondo malato, superficiale e povero d’amore. Non volevo che entrassi nel mio confine, ma … come potevo non resistere alle tue labbra, che sfoggiano passione, e racchiudono quel tuo sorriso, raggiante, solare, avvincente, dolce. E poi, sei così bella e complicata, come la fantasia più pazza, volubile, delle invenzioni umane. 

Ma ahimè…hai ascoltato quelle voci, e abbiamo vomitato quella valanga di insulti, maledicendoci.  Ma, nonostante il dissidio, e che quel legame si è spezzato come una fune, voglio ingenuamente sperare che anche se non ci fossi più nella tua vita e starai con un altro, pianterai gli occhi all’orizzonte e continuerai a guardarmi, come se non ci fosse altro nel mondo, quando tu…eri mia, forgiando saette, nella pacifica guerra sanguinaria di umori, sapori, luce e ombre, mentre il mare, ci salvava dalle ombre, per non essere rasi delle nostra storia… 

Ti regalerò per Natale questa raccolta di poesie, scritte in una sola notte. Mi auguro che il portiere, non lo getterà nel cesso. 

Comprenderai anche il significato del titolo, ne sono certo.  

E … spero che riuscirai a salvarti da quella prigione di maschere, e tornerai per me. Io andrò dal mio cugino Michele a Pavia. Non posso più restare qui. Sai dove trovarmi… 
Ma per il momento, voltandomi ti perderò, e canterò per sempre quel dolore, ma con la strana e contorna euforia di averlo vissuto, come l’aria che hai mosso, muovendoti sensualmente aggraziata sul mio tortuoso sentiero. 

Tuo, Pasquale. 

Le lacrime non riuscivo più arginare. Un brivido scivolò nella mia schiena: un’orchestra di gemiti, emana odori sporchi e belli, che mi sciolgono in una cerniera di schiuma, trovando la mia quiete, quando… lui, mi strinse, in quel vivo silenzio. Quel tarlo di offuscare Pasquale, che mi amava proprio come l’autore della lettera, e avevamo avuto anche un litigio forte, stava scavando le mie gallerie mentali, ma ero stanca di tenere sotto custodia disperatamente e con noia profonda un sentimento. Quindi, volevo liberarmi da questi pesi e le misure cautelari emanate da se stessa. Non mi importa dei suoi retroscena tormentati: le mie labbra sono ancora imbevute di lui, e la sua voce, è stato come un bacio nei miei occhi tristi.  

Succhiai le labbra, schiacciando con la mano la tempia: sembrava che fosse stata colpita da una mandria di spilli. Non so se fosse un segno del destino… ma tuttavia, volevo trovare quella piccola luce, fino a quando non sarebbe ingrandita velocemente come il faro di una locomotiva che mi correva incontro.  Così, gli scrissi un messaggio, invitandolo a raggiungere il bar. L’ansia tirava l’aria dal mio respiro boccheggiante, e volevo respingere ogni reprimenda, che si ripeteva come una tortura. Volevo provare l’ebbrezza del rischio. 

Mi rispose subito, con un dolce “Sto arrivando”. Non avrei sprecato la mia anima, per lui. Perché siamo attenti e innamorati, e vogliano ancora riaprire quelle ferite d’amore per sanguinare. 


Segui Alessia Piemonte su instagram @alessia.pmt

#BookFestAvvento2022

Alessia Piemonte – Miriam ammore mio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *