Festeggia come i Ricci

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di Jelena Kuznecova

Ratti 

Leone 

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Tortora 

Civetta 

Ricci, eccolo! Il campanello della casa dei miei è uno spasso da leggere, altro che abitanti, sembra uno zoo e noi, la famiglia Ricci, non siamo da meno. Sento lo scatto della serratura e il portone rosso si apre accogliendomi con la calda luce della lampada nel corridoio e con un gradevole odore di pino, un po’ famigliare, sicuramente in barba al fatto che il condominio avesse assunto una donna delle pulizie, mia madre, come al suo solito, si sarà messa a lavare le scale e l’ingresso “per fare la bella figura per le feste”. Trascinai le tre enormi buste cariche di regali fino all’ascensore e mi prepari all’impatto. 

5 – la mia famiglia conta una ventina di ospiti per la cena di Natale 

4 – sono tutti parenti e loro mariti, mogli e progenie 

3 – non sono né fidanzata né sposata 

2 – mia madre 

1 – è troppo in apprensione per questo 

  • Gioia! Buon Natale! – l’impatto è avvenuto. 
  • Mamma.. – mi accolse con le sue braccia forti e il profumo Chanel n 5 che continua a sfoggiare con orgoglio ancora vent’anni dopo che mio padre glielo regalò in qualche occasione che stento a ricordare, avevo solo nove anni e i dettagli simili mi sfuggivano all’epoca.- che buon profumo!- cercai di sviare la sua attenzione senza successo, perché mi sorrise lusingata ma poi allungò il collo per sbirciare alle mie spalle: 
  • Non viene nessuno? 
  • Non so, aspetti qualcuno?- la presi in giro 
  • Ah Gioia, non prendermi in giro, quando porterai qualcuno qui per le feste? Maschio o femmina non importa, ma così anno dopo anno, sempre sola, mi fai preoccupare tesoro mio. 

Ecco la canzone della nostra famiglia, il primo brano “la madre preoccupata”, seguito da “padre diplomatico” 

  • Ancora sola? – mio padre si affacciò dalla sala. 
  • Ancora con la pancia?- lo ripagai con la sua stessa moneta rimandandolo al tappeto, o meglio sul divano in sala a parlare con gli ospiti. 

Finalmente riuscendo a superare la “dogana” quasi indenne faccio il mio ingresso trionfale nel salotto tra le acclamazioni dei bambini e i saluti dei parenti. 

Li abbracciai e baciai uno a uno con la colonna sonora di altri brani della nostra playlist di Natale, la sorella “Mariah Carey” con il “tutto quello che vorrei a natale è vederti sistemata”, la cognata con i tre allegri nipotini e il suo intonato “l’orologio biologico suona a natale din don dan”, e tutti gli altri con il corale “non ci facciamo i fatti nostri”. 

Evitai gran parte dei discorsi sistemando con l’orgoglio i regalini per tutti. I regali, che avevo acquistato in anticipo, di qualche mese, che dovevano essere un pensierino carino per ognuno di loro, e ricordo di averli scelti anche con gran cura. Purtroppo mi sono scordata con precisione di cosa si trattasse. Sperando comunque nel fatto che bastasse il pensiero e consapevole della mia organizzazione fantastica ammirai la bella pila di regali scintillanti che grazie alla mia aggiunta crebbe ancora di più. 

Il campanello suonò. Mi girai per guardare attorno a me, erano tutti presenti, chi poteva mai essere a quest’ora?  

Un tizio mai visto entrò dalla porta e tutti tacquero all’istante. Mia madre apparve al suo fianco raggiante e presentò lo sconosciuto a tutti ma guardandomi di sottecchi, il che puzzò subito di bruciato. 

  • Allora, vi presento Marco, è il figlio dei nostri cari amici qui del palazzo di fronte, loro purtroppo sono partiti per fare le vacanze di Natale al mare e lui poverino l’ho beccato davanti alla loro porta tutto congelato che voleva fargli una sorpresa, giusto caro?  
  • Hm, si. – replicò cupo. Non sembrava molto simpatico, poteva almeno sorridere, mia madre ci stava mettendo il cuore nel renderlo tenero e coccoloso agli occhi di tutti. 
  • Comunque, per fortuna Giovanna e Luca mi avevano lasciato la chiave della loro casa e per non farlo stare da solo l’ho invitato da noi per festeggiare il Natale insieme.  

Tutti lo acclamarono e lui consegnò una busta di carta a mia madre. Lei sbirciò dentro e sorridente depositò il contributo dell’ospite sotto l’albero di Natale insieme a tutti gli altri regali. 

A tavola ovviamente finimmo seduti accanto, ma per non dare la soddisfazione a nessuno, gli girai le spalle per parlare con la cugina che andava alle superiori ed essendo ancora minorenne era l’unica esente dai temi sposalizi e di riproduzione. Lui d’altro canto parlò in modo vivace con mia zia che si trovò all’altro fianco e mi sorpresi ogni tanto a cercare di captare qualche frammento perché a parte l’aspetto iniziale e la mia guerra personale all’accoppiamento forzato alla fine sembrava un tipo in gamba. Almeno secondo mia zia che rideva come un’oca. 

  • Gioia, mi senti?- dovetti mettere a fuoco mia madre che mi stava passando il vassoio colmo delle sue tartine alla mousse di baccalà che bramavo ogni anno. Lo presi e cominciai a scaricarne una buona quantità nel piatto.  
  • Gioia! – mi richiamò nuovamente, – passale a Marco per favore, così le assaggia, sono una mia specialità. – la madre finì la frase rivolgendosi a lui che mi stava osservando curioso mentre gli porgevo il vassoio. 
  • Prendine ancora un po’ – mi disse. 

Avvampai. Che stronzo, si era accorto che lo stavo svuotando quel dannato vassoio. 

  • No grazie – tagliai corto e mi misi a masticare una tartina aspettando che il bruciore che avevo alle orecchie per la vergogna calasse almeno un po’. 

Lui ne prese un paio e passò il vassoio avanti. Ne prese uno, lo mandò giù senza proferire alcun suono o stendersi a terra scosso dalle convulsioni di piacere. 

  • Ti piacciono?- gli domandò la madre colma di speranza. 
  • Non amo il baccalà – rispose lui, gelando il sorriso di mia madre e facendosi odiare ancora di più da me per questo – ma sono certo che sono deliziosi per chi apprezza il genere, si vede che sono stati fatti con amore. 

Ruffiano, vedo la madre che si scioglie in sorrisi e comincia a montare la guerra in me, Marco vattelapesca a me non la darai a bere. Puoi aver incantato mia zia e anche in qualche modo mia madre, ma c’è un momento della serata in cui la tua rozzezza e inadeguatezza uscirà tutta caro mio e sarà il momento dello scambio dei regali in cui la superficialità con cui hai riempito quel misero sacchetto ti farà depennare definitivamente dalla lista degli invitati per tutti gli anni a venire. 

Non appena la cena finì incalzai tutti ad andare ad aprire i regali e sospinti dall’onda d’urto delle urla emozionate dei bambini gli altri acconsentirono. Per primo aprimmo i regali dei miei fratelli, i miei genitori, la zia e infine anche qualche pensierino dalla nonna che ci mandava ogni anno, una sciarpa fatta da lei con un cioccolatino o qualcosa di simile. Infine rimasero i miei regali e la busta di Marco. 

Mi fiondai a consegnare i miei regali. Prima ai miei genitori, ricordavo che era qualcosa che avevo preso al mare in Sicilia. Mia madre aprì per prima il suo e tirò fuori il grembiule con i colori del mare e di quella splendida isola con sopra scritto “La regina del pesce”. Mia madre guardò bene i disegni e avvampò di rosso ammutolendo. 

Mio fratello le prese il grembiule dalle mani e dopo aver guardato con attenzione si mise a ridere a più non posso. Gli altri si accalcarono per guardare e mi spiazzò la loro reazione uguale a quello di mio fratello. Mi avvicinai anche io e guardai bene la fantasia delle maioliche. Quando mi resi conto cosa formavano quelle fantasie abilmente camuffate dalle trame mediterranee sbiancai. Erano scene di coppia in posizioni esplicite varie, di lato, davanti, sdraiati, in piedi, insomma chi più ne ha più ne metta. Ho regalato a mia madre un grembiule porno con anche lo sfottò in primo piano ” la regina del pesce”, ma il peggio era che Marco, che si era avvicinato in silenzio alle mie spalle mi stava osservando serio con le sopracciglia alzate e l’espressione sorpresa. Uno a zero impostore. 

Consegnai il regalo al mio fratello e sua moglie, una dolce ceramica da appendere, con la raffigurazione di una famiglia di tre persone, lui lei e il bambino con sotto “tre è il numero perfetto”. Mentre lo scattavano mi gelai nuovamente, non mi ricordavo bene i soggetti e soprattutto la frase. Il problema era che lei era incinta, ma lo sapevamo anche tutti, era al quinto mese, ma non la me di luglio, no quella stupida e poco lungimirante me non ha pensato che mentre il negoziante incartava questa ceramica dolce per i miei parenti, quelli,  nello stesso istante ci davano dentro come conigli. 

Decisi per andare sul sicuro consegnare i regali ai piccoli della famiglia, quelli si che erano sempre facili da accontentare, ed erano sicuramente giochi che io sentì a loro nominare tra quelli che avrebbero voluto ricevere prima o poi. 

La piccola ebbe in regalo un bel set con la macchina delle bamboline smontabili, l’aprì piena di gioia e lo strinse a sé rassicurandomi sulla partita che ancora pareva aperta. 

  • Grazie zia, ne ho già una così, perciò saranno due gemelline. 

Signore e signori, nell’angolo blu, l’avversario si è messo da solo al tappeto. 

  • Ehi ma queste le abbiamo ricevute al compleanno! – i ragazzi lo dissero quasi in coro scatenando l’ilarità di tutti. Alzai lo sguardo colpevole al mio fratello che subito gli corresse: 
  • Dai dite grazie alla zia, è il pensiero che conta. 
  • Grazie zia.- dissero cupi tanto quanto lo era il mio umore in quel momento. 

Uno dopo l’altro i regali furono scartati con il colpo finale, una bellissima cover per il Samsung della mia cugina che prima sorrise ma poi mi chiese sottovoce che però sentirono tutti: 

  • Non è che hai conservato lo scontrino per cambiarla? Perché ora ho un iPhone.- cosa? Non ci credo, pure lei! 
  • Io, io…- cominciai a cercare delle scuse, ma ero troppo imbarazzata e distrutta da tutte le delusioni che avevo causato. Non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo. 
  • Tocca a me! – intervenne Marco con un’allegria sicuramente risultato delle beffe ai miei danni.  

Si piegò davanti all’albero, prese la busta e in pochi secondi ne distribuì il contenuto a ognuno dei presenti senza distinzione. Infine si avvicinò a me e mi porse il suo regalo. Era la piccola statuina di un riccio dolcissimo che annusava l’aria fiero con il naso all’insù. 

KO a me, giro di vittoria per Marco a giudicare dai mormorii commossi per il dono ricevuto. Sbirciai gli altri e tutti pare avessero una statuina diversa il che rese questo dono abbastanza personale e per nulla superficiale, tanti dolci piccoli ricci per la festa di Natale con la famiglia Ricci. Guardai Marco, era ancora davanti a me e mi sorrideva. Non sembrava prendersi gioco di me il che lo rese ancora più insopportabile. Come ho fatto a sbagliarmi così con tutto, con i regali, con lui che ho trattato male per tutta la serata dopo averlo semplicemente giudicato senza averlo conosciuto. Chi ero io? Le lacrime mi riempirono gli occhi e prima che partisse la fontana mi dileguai con la scusa di sparecchiare. 

Raccolsi i piatti e le posate cercando di coprire con il loro rumore i singhiozzi che mi scuotevano di tanto in tanto. Portai tutto in cucina e mi misi a lavarli. Mentre tremavo e insaponavo la pila una mano si posò sulla mia spalla. Sobbalzai facendo quasi cadere il piatto a terra. Era Marco: 

– posso aiutarti? 

– No, faccio io, non serve, grazie. 

– Ma io voglio aiutarti – disse deciso e trovando una pezza non so dove si mise a strofinare i piatti già puliti e a sistemarli in una pila ordinata, in poco tempo finimmo tutto. Mi sentivo già meglio. Stavo asciugando il lavandino quando entrò mia madre ed esclamò: 

– Oh no la mia crostata!- Ci girammo con Marco a vedere il punto che stava indicando e prima lui e poi io scoppiammo insieme a ridere. 

– Cosa avete da ridere voi due, ora la tirate fuori da lì e sistemate il casino!- mia madre furiosa prese il panettone e la crema di mascarpone e sparì dalla cucina lasciandoci ad asciugare le lacrime. Mentre caro Marco asciugava e impilava i piatti puliti non si accorse di averli sistemati sulla crostata di mia madre che dapprima era coperta da un panno bianco e ora, con tutto il succo di amarene a tingere il panno di rosso inquietante stava sgorgando dalla teglia sanguinando sul tavolo. 

Marco mi aiutò a salvare la crostata e la servimmo già tagliata in tanti tantissimi pezzi tra le risate complici. 

A fine serata lo accompagnai davanti alla casa dei suoi. Una breve passeggiata all’aria aperta era una piacevole conclusione per quell’appuntamento combinato. Ci fermammo davanti al portone del condominio e lui prese le chiavi. Era il momento di salutarci. 

  • Mi dispiace, Marco, ma non ti ho fatto alcun regalo – gli dissi. 

Lui sorrise: 

  • Se era come gli altri, forse è meglio così – ridemmo insieme e sentì che l’amarezza di prima era completamente svanita. 
  • A parte gli scherzi, non è vero che non mi hai fatto un regalo – lo guardai interrogatoria – io ho regalato dei ricci alla famiglia Ricci, ma da loro in cambio ho avuto una in carne ed ossa.- E così dicendo mi posò le sue labbra calde sull’angolo delle mie facendo ribollire ogni centimetro della mia pelle.  
  • Buon Natale Gioia, ci vediamo domani- disse lasciandomi nella nuvola di vapore e sparì dietro il portone. Dopo qualche istante la luce all’appartamento al piano terra si accese. Guardai il primo nome sul campanello ” Galli”. 

Marco Galli, sorrisi, benvenuto allo zoo.


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