Love Me Tinder 

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di Verdiana Rigoglioso

Love Me Teinder 

Verdiana Rigoglioso 

Che succede adesso? 

Non lo so. 

Ho il fiato corto. La voglia di scappare e quella di restare lottano dentro di me, non so chi vincerà ma ho il terrore che a perdere sarò soltanto io. Io e la mia maledetta idea dell’amore che ci camminiamo accanto da troppo tempo senza mai scontrarci. Io e una speranza, un’illusione, un costrutto della società che ci vuole tutti in coppia. Non mi volevo certo innamorare. Cosa conosci di una persona con cui hai matchato su tinder? Assolutamente nulla. Ma siamo qui. IO sono qui. 

Mi immaginavo seduta all’enorme tavolata natalizia dei miei, tra bambini in attesa dei regali, tombole deliranti e cibo in quantità industriale. All’una sarei tornata al mio appartamento, avrei acceso il piccolo albero di Natale e letto qualcosa per poi addormentarmi ricurva e con il naso sul libro. 

Invece sono davanti casa sua. Dopo centoventicinque giorni passati a scriverci e conoscere ogni singolo aspetto di quelle giornate infinite e del peso della vita che ci portiamo addosso. Sono davanti a una porta adornata da una ghirlanda di foglie rosse e oro. Dall’interno arriva il suono dei passi pesanti di chi è appena tornato dal lavoro e festeggerà domani con la famiglia, perché oggi è troppo stanco. 

La porta si apre. 

Ci sono io e c’è lui, che vive in una città a trecentosessanta chilometri dalla mia e che mi ha detto mille volte vieni qui.  

E io volevo venire, guardare quegli occhi profondi e pensare che da vicino non sono poi tanto belli. Tanto sinceri. Non volevo vedere le luci appese al soffitto illuminargli i capelli in modo buffo. Non volevo leggere nella sua espressione la consapevolezza che ho anche io, che tutto questo sia impossibile. Perché abbiamo più di quarant’anni e due vite consolidate, carriera, mutuo. 

Che succede adesso? 

Non lo so. 

Sembriamo incantati in una bolla in cui tempo e spazio sono sospesi, davanti alla porta di quell’appartamento in cui c’è una finestra enorme e un tavolo di legno chiaro. Sopra ci sono delle bollette da pagare, un block notes su cui so che scrive una parola al giorno come gli ha consigliato la sua terapeuta e una candela accesa. L’albero di Natale è alle sue spalle, le palline sono bianche e rosa antico, lo ha fatto sua madre, è venuta mentre lui non c’era perché dice che porta allegria anche a un orso come lui. 

Porto a tracolla un borsone dentro il quale ho gettato alla rinfusa tutto quello che pensavo potesse servirmi per un weekend e un regalo che forse non gli darò mai. Un libro di poesie. 

Lui sorride, i suoi occhi no, ha paura, se potessi specchiarmi in quelle iridi forse vedrei la stessa espressione riflessa, ho paura eppure non desideravo altro che essere qui. Sono venuta per provare a me stessa che non c’è niente che possa tenerci uniti. Forse del buon sesso, poi arrivederci e grazie. È stato bello come i giochi che durano poco e la volta successiva hai già dimenticato le regole. 

Che succede adesso? 

Non lo so. 

Allungo una mano, alzo il braccio e copro quella piccola distanza che ci separa, gli accarezzo il viso con l’indice, come si fa con le cose preziose. Lo vedo deglutire, annuisco impercettibilmente e lui imita il mio gesto, poi la sua mano scende sulla mia spalla, afferra il borsone e lo fa passare sulla mia testa, lo accompagna delicatamente a terra. Dietro di lui c’è una porta aperta, ci sono passata attraverso mille volte quando ero chiusa dentro lo schermo di un laptop, immobile nella mia torre di certezze. La sua mano torna sulla mia testa, un misto tra una carezza e una presa di cui ho paura. Se ci prendiamo adesso non sarà soltanto un attimo, non sarà solo una notte, non sarà solo un weekend. 

Inspiro e il suo profumo non è unico al mondo, non sa di casa, non mi ricorda nulla. È un dopobarba come un altro e quasi sono felice di questo, potrò dimenticarlo facilmente. Annuisco di nuovo, sto cercando di convincermi di qualcosa che non voglio. 

“Marzia.” 

La sua voce mi arriva come da un altro mondo e ho una gran voglia di piangere. 

“Marzia, che ci fai qui?” Anche lui sembra commosso. 

Sento i singhiozzi scuotermi, ma le lacrime restano dentro i miei occhi adesso serrati. “Non si passa il Natale da soli.” Dico in un sussurro.  

Lui inclina la testa e poi la scuote. 

Afferro il borsone e lo appoggio di nuovo. 

“Che succede adesso?” 

“Che succede adesso?” 

Non ero preparata a una domanda in risposta alla mia. 

“Succede che non abbiamo vent’anni.” Bisbiglio. 

“Succede che potresti essere la cosa migliore che mi sia successa da quando avevo vent’anni.” Lo dice ridendo. 

“Succede che non succede mai qualcosa così. Non a me.” 

“Succede che è successo, Marzia, e solo perché hai paura di dire il mio nome ad alta voce, non significa che tu non sia qui o che presto io non sarò a casa tua.” 

“Non succederà.” 

“E allora che succede adesso?” 

“Alfredo…” 

Mi sconvolge sentire la mia voce pronunciare il suo nome. Il nome di chi forse ti amo me lo ha detto mille volte mentre io continuavo a dire no, no, estranei, distanti, è assurdo. Impossibile. 

“Che succede adesso?” 

“Succede che adesso è Natale. E adesso sono qui. Perché voglio esserci.” 

Domani è Natale e l’amore è adesso. 

Questo succede. 


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