Ventiquattro dolceamaro

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di Monica Pagliaro

“Questi sacchetti sono decisamente troppi”, mi redarguisce Tania amorevolmente mentre apre la porta dell’appartamento in cui conviviamo ormai da un mese.  

“Tralasciando che non tutti sono di carta, guarda poi quanti imballaggi inutili: carta regalo in plastica, fiocchi, fiocchettini, polistirolo, è allucinante!” continua poi, diventando sempre più rossa in viso; e sempre più bella.  

La guardo e sorrido, poggiando piano i sacchetti a terra, accanto alla porta d’entrata.  

“Che ridi?” mi chiede contrariata, ma non troppo, mentre si lava le mani.  

“Niente… è che sei bella, quando arrossisci. Sei in tema col Natale.” Sorride anche lei di rimando.  

Mi tolgo il cappotto, metto la tuta e mi butto sul divano, accendendo la tv con un gesto simultaneo. Il tg mi avvisa che la povertà continua a crescere, che altre due donne sono state uccise da qualcuno che amavano, che i tassi sui mutui e il costo del denaro sono sempre più alti e che il clima sta impazzendo.  

Per fortuna, Tania mi si butta addosso a cavalcioni prima ancora che io riesca a formulare un pensiero coerente (e brutto) su quanto sto ascoltando.  

“Che c’è, sei triste?” mi chiede. “Non farti influenzare da quello che dicono, noi possiamo sempre fare la nostra parte per migliorare!” afferma poi.  

Non dico nulla, ma forse faccio una smorfia abbastanza eloquente. Tania mi scende di dosso, e si siede accanto a me, come indispettita. “Pensi di no? Sei il solito pessimista!” esplode alla fine. 

Sposto lo sguardo verso il televisore, dove un uomo e una donna da qualche parte del sud est asiatico piangono, mentre le immagini di un’alluvione riempiono lo schermo. Indico le immagini a Tania.  

“Come faccio a non essere pessimista, Tà? Guarda tu stessa!”  

Lei sbuffa. “E tutti i regali di beneficenza che abbiamo comprato domenica scorsa al mercatino? Che mi dici di quelli? Anche quelli sono totalmente inutili?” mi chiede con i suoi occhioni grandi da peluche. Ha ragione: abbiamo comprato davvero tanti regalini di associazioni benefiche la settimana scorsa. Penso proprio che eviterò di dirle che non sono nemmeno convinto che qualche misero centesimo di quei soldi spesi possa davvero aiutare qualcuno.  

Eppure lo faccio. Quei regali li compro. E spesso, mosso da un impulso inspiegabile, dono del denaro a un sacco di queste associazioni. Più di quanto vorrei.  

Sì, lo so che è il mio modo di lavarmi la coscienza.  

Cerco di accarezzare Tania in viso, vorrei tanto che mi tornasse addosso per baciarla. L’atmosfera dello shopping natalizio mi ha messo uno strano solletico dentro, una voglia di camino acceso, jingle bells e coccole sul divano, ma lei si scansa. Forse ho rovinato tutto con quel cazzo di tg.  

“Dai, Tany, non roviniamo questo bel pomeriggio”. Vedo già qualche lacrima girarle negli occhi.  

Rimane un po’ pensierosa. “Non posso farmi smontare da te e dal tuo pessimismo. Devo poter credere che qualcosa abbia senso” mi dice, perentoria. Poi si alza, e se ne va in bagno, chiudendo la porta in silenzio.  

Mi maledico. Non volevo rovinarle la giornata, eravamo stati così bene. E di sicuro non volevo invalidare tutta la beneficenza che Tania fa davvero: quella che fa con le sue mani, con le sue azioni, non con i soldi. Lo stronzo che sono. Mi alzo dal divano, voglio andare a chiederle scusa.  

Invece vado verso il cappotto, a cercare il cellulare dove, nella cartella protetta dalla password, ho tutte le tue foto. Ho bisogno di aprirne una. Devo farlo, Marta, devo proprio decidermi a farlo. È giusto che sappia tutta la verità, se lo merita. È giusto che sappia di stare con un uomo spezzato, difettato, che ha perso qualcosa di essenziale per la vita, un uomo che è un po’ morto. È giusto che io mi decida a dirle che ti ho persa in un incidente stradale, quattro anni fa, il giorno della vigilia di Natale. 


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